Riferimenti normativi

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L’istituto giuridico dell’adozione disciplina una relazione umana carica di significati emotivi ed affettivi.

Il significato dell’istituto dell’adozione sia per il nostro ordinamento giuridico sia nella legislazione internazionale sta nella necessità di sottrarre il minore ad una situazione di abbandono. Ed infatti, com’è noto a tutti, le convenzioni internazionali – prima fra tutte la Dichiarazione dei Diritti del Fanciullo – così come la nostra più recente legislazione nazionale in materia, hanno affermato con grande enfasi la priorità dell’interesse del minore rispetto agli altri interessi coinvolti nell’adozione. E’ superiore interesse del minore ricevere assistenza materiale, assistenza morale, educazione, istruzione ed ascolto per una crescita e maturazione equilibrata e sana. Il preminente interesse del minore si traduce, nel suo diritto ad una famiglia, indipendentemente dalla provenienza geografica, dalla condizione sociale, dal credo religioso, dall’età e dal gruppo di provenienza etnica . Di fronte al prioritario interesse del minore cedono i diritti degli adulti, che trovano tutela solo nel caso in cui questa coincida con la protezione del fanciullo.

Il fine dell’istituto dell’adozione è pertanto quello di soddisfare il diritto di ogni bambino ad avere una famiglia, dando la possibilità agli aspiranti genitori di offrirne una ad un bambino che ne è privo.

In altre parole, gli adulti aspiranti all’adozione non vantano un diritto ad ottenere un bambino in adozione, ma possono solo esprimere la loro disponibilità ad adottarne uno. La centralità del “Diritto del minore ad una famiglia” è stata sancita dalla Legge n. 149/2001, che ha spostato definitivamente l’attenzione dalla tutela del desiderio di genitorialità della coppia alla tutela del minore. L’adozione internazionale è l’adozione di un minore straniero, che si realizza nel Paese di origine del minore, davanti alle Autorità straniere nel rispetto delle leggi locali estere. L’ adozione internazionale è un percorso che vede coinvolti soggetti ulteriori rispetto a quelli preposti per l’adozione nazionale quali: la Commissione per le Adozioni Internazionali e gli Enti Autorizzati. L’adozione internazionale, per essere riconosciuta e resa efficace in Italia, deve seguire delle procedure particolari stabilite dalle leggi non solo italiane, ma anche straniere.

In questo senso, si fa particolarmente riferimento alla Convenzione de L’Aja del 29 maggio 1993 sulla tutela dei minori e sulla cooperazione in materia di adozione internazionale, che l’Italia ha ratificato. Lo spirito della Convenzione e della legge italiana è basato sul principio di sussidiarietà per il quale l’adozione deve rappresentare l’ultima strada da percorrere, per realizzare l’interesse superiore del minore, a cui si accede solo dopo aver tentato il possibile affinchè questi cresca in seno alla sua famiglia (ove essa sia esistente) o, comunque, all’ interno del proprio Paese di origine. Gli aspiranti all’adozione, che abbiano ottenuto il Decreto di Idoneità, devono conferire incarico a curare la procedura di adozione internazionale ad uno degli Enti autorizzati . La coppia che desidera adottare, infatti, è attualmente obbligata, entro un (1) anno dalla pronuncia del Decreto di Idoneità da parte del Tribunale per i Minorenni territorialmente competente, a conferire mandato ad uno degli Enti italiani autorizzati dalla CAI – Commissione per le Adozioni Internazionali (Autorità centrale italiana in materia di adozioni internazionali, con sede in Roma, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri), salvo il caso decisamente raro e marginale di cui all’art. 44, 1° co. Lett. a della Legge n. 184/1983 s.m.i.